Anacleto

di umberto duca

Anacleto era un giovane obsoleto. Un errore temporale. Una lieve discrasia nel piano universale delle nascite e delle morti. Un individuo che faticava sempre, sulle spalle, il peso di un centinaio d’anni di scarto, rispetto a quando sarebbe dovuto venire al mondo. Rispetto ad un mondo che avrebbe potuto accoglierlo senza riserve e senza risentimenti. La sorte volle però che Anacleto nascesse, non nel posto sbagliato al momento sbagliato, ma solo al momento sbagliato, solo questo. Niente di più e niente di meno, Anacleto sarebbe dovuto nascere in un altro momento, tutto qui.

Un momento che volò via e lo scaraventò in un tempo che lui (Anacleto) non riusciva, nonostante tutti i suoi sforzi di giovane obsoleto, a sentire suo. D’altra parte anche il tempo, in cui egli viveva, faticava a sentire quel giovane come una sua creatura, come una parte del suo spirito.

Scherzi del tempo o beffe degli incontri, il che è come dire: “Per un nonnulla non sei venuto al mondo quando avresti dovuto.”

Allora, nel millenovecentoquattro, due persone, di cui è meglio tacere i nomi, s’incontrarono e s’innamorarono perdutamente. Ovviamente un uomo e una donna. Naturalmente se non altro. Ecco! Da quest’unione sarebbe dovuto nascere Anacleto. Perché questo non accadde? Perché i due innamorati non diedero vita a quell’Anacleto che avrebbe dovuto essere il frutto del loro idillio d’amore? Perché?

Un errore di valutazione! Se ne commettono tanti, ma ognuno ha la sua gravità e le sue conseguenze che possono essere, com’è accaduto per le sorti d’Anacleto, disastrose e irreversibili. Niente di particolare si direbbe, niente che salti all’occhio più di un camaleonte mimetizzato tra foglie verdi, niente, quello che a volte può sembrare una semplice vicissitudine della vita o un semplice avvenimento privo della più pratica importanza, si rivela però fondamentale per decidere chi verrà al mondo, in quale momento e in quale luogo.

Gli ipotetici genitori d’Anacleto del millenovecentoquattro fecero l’amore con qualche ora di ritardo rispetto a quanto stabilito nel piano universale e così…così…non arrivò Anacleto, ma una persona che invece era…era…come si può dire, avanti con gli anni, che parlava di cose incomprensibili alla maggior parte delle persone del tempo. Una persona che, in un certo modo, si sarebbe sentita molto più a proprio agio nel lontano duemilaquattro, più che nel suo millenovecentoquattro. Ecco tutto, adesso mi sembra molto più chiara questa faccenda, vero?

Senza dubbio Anacleto del duemilaquattro, se fosse nato nel suo ipotetico novecentoquattro, sarebbe stata un’altra persona. Nel senso che avrebbe potuto avere diversi connotati fisici, compiere studi diversi, avere passioni diverse…eccetera eccetera…insomma, avrebbe potuto fare qualche cosa di completamente diverso da quello che, sfortunatamente, cercava di portare a termine adesso, nel duemilaquattro, senz’alcun dubbio!

Ma lo spirito. Lo spirito, questo sarebbe stato quello dell’Anacleto che vive nel lontano duemilaquattro, quello dell’Anacleto che, adesso, non capisce le donne e che non si capacita di quanto siano stupidi e vacanti i giovani della sua stessa età.

Al suo tempo, novecentoquattro, molte più cose gli sarebbero risultate estremamente chiare, ma nel duemilaquattro…proprio no! Nel duemilaquattro niente gli sembrava chiaro e niente poteva convincerlo di riuscire a vivere dignitosamente una vita che, con lui, aveva scherzato un po’ troppo.

Ma Anacleto tutto questo non lo sapeva! No! Non lo sapeva! Il solo discorso che riusciva a fare era: “BHA…se nascevo in un altro posto e in un altro tempo forse sarei stato meglio di come sto adesso…BHA…forse non sarei come sono adesso…forse…MMM…se… potevo…” e via dicendo. Quello che sfuggiva ad Anacleto era proprio lo spirito. Si, lo spirito. Il discorso posto nei termini in cui lo poneva, suo malgrado, Anacleto, era privo del benché minimo significato e del più fragile fondamento. Se nasceva in un altro posto e in un altro momento sarebbe stato logicamente un altro giovane adesso. Un’altra persona. Non l’Anacleto con lo spirito d’Anacleto che ha sbagliato (gli è stata sbagliata) epoca. Tutto, in Anacleto parlava di quest’imperdonabile errore, dalle sue mani alla sua voce, dai suoi pensieri alle sue manie. Tutto il suo corpo portava marchiato sopra, a caratteri indelebili, lo spirito di un tempo che è già stato, di un tempo che fu, e di un inadeguatezza sempre mal celata, tutto sommato.

Ma, per forza di cose, tutto questo che abbiam detto doveva sfuggire al nostro Anacleto, non sapeva e non avrebbe mai potuto immaginare il meccanismo di funzionamento della venuta al mondo delle persone. Così non sapeva di quell’incontro mancato e delle sue conseguenze. Come avrebbe potuto immaginarlo? Su quali basi?

Tutto questo per capire con chi avremo a che fare, per comprenderci, per scoprire chi è Anacleto…ma…MMM…forse…forse è meglio, a questo punto, ascoltare le sue stesse parole, sentire cosa ha da dire…

…confessioni di un giovane obsoleto…

…3 aprile/2004…

-<<…nelle fantasie che mi permettevo da bambino, i miei genitori, sarebbero dovuti morire in un incidente d’auto, di ritorno da qualche festa, e io sarei dovuto diventare un bimbo solo che affronta con coraggio le vicissitudini della vita di allora, di una vita da bambino.

Dico a voi questi miei segreti…che…che…credetemi…mi assillano ancora!

SI! Non come allora, non come quando ero piccolo e impertinente, non riguardano più i miei genitori…OH NO…non loro, per carità, loro non c’entrano più, adesso, in tutto questo.

Riguardano semplicemente me, il mio spirito ed il mio cuore…non so…MMM…come dirvi…come dirvi…SI!…si ecco, mi vedo morto, mi vedo morto, dappertutto, in ogni modo e in ogni luogo. Ghigliottinato alla Luigi sedici o arso vivo come il caro Bruno…insomma, ho frequenti fantasie…sulla…della…per la…mia morte, ecco tutto!

Al mare in montagna in città ed in campagna, sarò già morto più di una dozzina di volte in ognuno di questi luoghi (la campagna l’ho preferita) e in ognuno di essi conducevo una vita, avevo una moglie e dei figli, un lavoro e…tutto, diciamo, e le cose mi andavano bene.

Si, tutto, ma tutto diverso da quello che ho adesso, che qualcuno di voi potrebbe scioccamente giudicar migliore delle mie fantasie. Come per quella da…MMM…ad esempio…quella da…da guardiano dei porci in una fattoria della provincia casertana nel settecento (fu carina, comunque) credo che questo pensereste. Credo che vi sembrerebbe, a confronto con questa mia fantasia, come la migliore vita che si possa desiderare, la mia vita di adesso. Ma io…ma io…NO! NO E POI NO! Non è così, per me! E sembra che nessuno voglia capirlo. Ma cosa posso farci? Che cosa posso inventarmi? Come potrei mentire a me stesso non ammettendo che queste fantasie, come quella dei porci, mi fanno gola. Mi danno un sentimento di vita che io adesso, perdonatemi ma, non trovo. Non trovo!

E poi, in quelle vite (o morti) che immagino mie, arriva sempre un momento in cui tutto s’aggiusta, tutto scorre liscio come l’olio, momenti in cui o mi tagliano la testa oppure mi gettano al fiume con una pietra legata al collo.

Perdonatemi, perdonatemi ancora signori miei, amanti della vita e della realtà.

Chiedo venia ma io…io…io proprio…non riesco, non ce la faccio, non ho la vostra forza (o il vostro stomaco) non ce l’ho, e basta.

Come avrei potuto immaginare che quelle fantasie fatte nel mio letto di bambino, appena mi c’infilavo dentro, sotto la gran coperta giallina, poco prima di prender sonno mi avrebbero, secondo quel pagliaccio del mio psicanalista, fatto diventare un giovane uomo con…dice lui…”manie di persecuzione con elaborazioni suicide”.

Perseguitato da chi? E perché?

Quando glielo chiedo mi risponde che sono io stesso, sono io a fare tutto da solo. Sono io che mi perseguito da solo, come un cane che si rincorre la coda, (che stupido). Secondo lui? Mi ascoltate? Così crede quel pagliaccio! Così merita d’esser chiamato, che stupido!

Ma io lo so che non è così, lo so che le cose non stanno come vuol darmi ad intendere…anzi…proprio…bè…veramente…sinceramente non lo so, ecco, non lo so. A voi lo posso dire senza riserve, per fortuna non mi date strani consigli come quel pagliacc…OOOH, BASTA!…non lo voglio più nominare neppure, basta!

Si, vi dicevo che non lo so, è vero è vero, non lo so ma…ma lo sento, lo sento forte e chiaro, non so dove e non so come ma lo sento che non sono un cane impazzito. Sento che c’è davvero qualche cosa che non mi torna, qualcosa che non quadra, nella mia sciocca vita. Qualcosa che non mi è stato detto. Lo sento ed è pesante!

Che cosa credete? Credete che io corra nelle mie fantasie di morte o di vita che siano, per scappare dalla realtà? Perché ho paura del mondo e di affrontarlo? Per sgattaiolare fuori dalla realtà e rifugiarmi nel mio, di mondo?

NO! NO! Come ve lo devo spiegare? Non è così e non è così, semplice.

Io, continuo a sentire che sotto sotto, sotto la mia vita, c’è un imbroglio senza limiti, senza fine, un’oscura necessità che ha preteso il mio corpo ed il mio spirito lontani da qualche cosa… non so …lontani da un luogo…forse…lontani da un tempo…forse, ancora…chi lo sa! Chi lo sa? AH, se fossi nato in un altro posto chissà cosa e chi sarei adesso.

Ehi…un attimo…come al solito…si, ascoltatemi. Perché secondo voi ho parlato di un “oscura necessità”? Perché? Ditemelo vi prego! L’ho detto e non me ne sono ravveduto, come al solito, m’è caduto dalla bocca come se l’avessi vomitata quella necessità. Diavolo! Parlatemi vi scongiuro, è quella parola –nacessità- che ogni tanto pronuncio senza accorgermene, necessariamente, che mi convince, che mi sincera della mia opinione e che mi fa pensare sempre più che davvero non sono quello stupido cane. OH, STUPIDO CANE!

Mi fa invece pensare tutt’altro, si, che qualcuno o qualcosa abbia attentato alla mia vita e fatto in modo che l’inganno si celasse in ogni mia parola, in ogni mio respiro in ogni mia carezza e in tutti i miei baci. Oh, come amo mia moglie, tutto sommato, come l’amo. Tentai di farle capire, di illustrare lei questi miei sconclusionati (a detta del pagliaccio) pensieri. Ma non so! Niente, non sembrava aver inteso…ma io…io insistetti e più di una volta, da allora, provai e riprovai a dirle quelli che con tutta sincerità credo i motivi delle mie incongruenze tra la vita che vivo e quella che morendo, nel mio spirito, immagino. Ma credo che gia abbiate inteso, e bene, verso qual esito mi condusse, e mi conduce tuttora, questa mia caparbietà. A nulla. Nonostante questo lei è l’unica che fa battere il mio cuore. Mi permette di morire e rinascere ogni volta, ogni giorno, ad ogni mio pensiero e ad ogni mia lapidazione o flagellamento. Ecco tutto di mia moglie.

Ed io? Io? Io…io…a chi…a chi ritorno così tanto d’aiuto? A lei? Non credo! A chi? Non lo so…non lo so…e non lo so! A qualcuno che non ho ancora incontrato? Al mare? Alle stelle? A tutta la comunità umana? Al circolo di bocce dove andrò a finire superati i sessantacinque? Oppure solo a me!? Oppure proprio a nessuno!? Come potrò rispondermi? Come?…

Al circo…EHM…scusatemi chiamo circo l’ospedale psichiatrico dove lavora il pagliaccio che dice di tenermi in cura…al circo, dicevo, non incontro mai nessuno come me, si come me, nel senso che faccia i miei stessi pensieri, almeno qualcuno, mi accontenterei di uno. NO! Niente non ce ne! Cosi passo il tempo d’attesa tra un numero circense (visita) e l’altro guardandomi circospetto tutt’intorno oppure leggendo quelle sconclusionate riviste da sala d’attesa di uno studio medico. Mai che facessi quattro chiacchiere con uno che ha le mie stesse domande. Un giorno figuratevi riuscii addirittura a scoprire, su quelle riviste, che mangiando mezzo chilo di carote al giorno avrei potuto evitare la caduta dei capelli. Troppo tardi! Comunque se m’avessero detto una cosa del genere avrei pensato che tutt’al più sarei diventato un cavallo oppure un coniglio che con le carote è ancora (per ora) più avvezzo del cavallo. Peggio per lui, al cavallo, perderà tutti i capelli…EHM…la criniera.

Ecco, sta arrivando. Ma non adesso…perché?…proprio adesso che parlavo così loquacemente con voi…anche quest’altra…anche questa ci voleva adesso, si, anche questa…diamine…

Perdonatemi ma m’è venuta in testa una delle mie fantasie. M’aspettate un attimo? Uno solo. Lasciatemela pensare senza la paura di non trovarvi più qui al mio ritorno. Vi scongiuro. E’ questo, per me, il momento più bello e dolce di tutta questa mia insulsa giornata. Pochi minuti e Anacleto sarà di nuovo con voi. Pochi minuti, non mi serve poi tanto per morire e poi rinascere…

Non è stato gran che! Mi spiace, non merita nemmeno di essere raccontata questa fantasia, v’annoiereste e m’annoierei. Vi dico solo che mi trovavo nel medioevo e il papa d’allora mi accusava di un grave crimine contro lo Spirito Santo e di mano sua mi lasciava cadere in un gran pentolone di sale del mare, credo, ovviamente senza più indosso la mia pelle. Bando ai particolari…è andata così…per oggi…>>-

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Ecco una vita sacrificata in nome del progresso dell’intera comunità umana. Dubbi? Allora, il PIANO UNIVERSALE DELLE NASCITE E DELLE MORTI é molto chiaro e non contempla errori. (secondo la sua logica) Per ogni progresso c’è bisogno d’un regresso. Vale a dire: nel millenovecentoquattro nacque, al posto d’Anacleto, un grande e famosissimo uomo di genio, che sarà indispensabile per l’umanità tutta. Diciamo meglio: al posto dello spirito d’Anacleto fu posto uno spirito geniale. (progresso) In questo modo Anacleto, o meglio, lo spirito d’Anacleto s’è ritrovato catapultato oggi, nel duemilaquattro, con un normale “spirito del tempo” del millenovecentoquattro. (regresso) Ecco tutto. Tutto chiaro!

Ma tutto questo Anacleto non lo sa.

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…illuminazione dei sette giorni…

… 10 aprile/2004…

-<<…sono solo il frutto maturo di un seme che qualcuno ha gettato in terra molti anni fa. Sono il nulla che avanza. Aspetto solo di cadere dal mio ramo per scoprire cosa succederà…>>-

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